domenica, maggio 29

28 aprile central GH kohima

Mi sveglio alle 8 ed esco velocemente; il proprietario inizia a starmi proprio antipatico per la sua petulanza, mentre pare culo e camicia con l'israeliano. Vado a visitare il villaggio di kohima. E' uno tra i piu' grandi di asia, mi dicono. La porta di entrata ha il caratteristico accogliente disegno del guerriero che brandisce la testa di un malcapitato. Il villaggio, a parte una evidente competizione fra confessioni cristiane per vedere chi fa la chiesa piu' grande e piu' in alto, non pare differire molto dalla citta' che sta immediatamente sotto di esso. Immagino che la differenza sia nell'organizzazione che ha un capovillaggio e non un sindaco e che e' organizzato in clan, ma non sono riuscito a cogliere queste sfaccettature. Torno dal villaggio e vado a rifarmi gli occhiali, visita dall'optometrista e lenti 700 rupie. Ho la montatura trovata a mandalay mentre cercavo i miei occhiali; al momento uso quella. Raggiungo l'ufficio degli amici informatici e uno di loro mi porta a Kisama. A Kisama si tiene un festival annuale di tutte le tribu' del nagaland. Nell'area , che ha la forma del nagaland, ci sono le case tradizionali di ogni tribu'. Piu' che case sono della sorta di dormitori che stanno appena fuori dai villaggi dove gli adolescenti e i vecchi del paese si scambiano conoscenze( e controllano l'accesso al villaggio). Sono differenti a seconda dei materiali disponibili; I tetti in particolare sono in vari tipi di foglie o in pietra. Piu' a nord si va, piu' i teschi sono presenti nelle decorazioni. Qui quelli umani sono in legno, ma pare che un tempo fossero veri, esattamente come ora sono parte delle decorazioni i teschi di animali; anche quelli in legno sono presenti nella tradizione locale, non solo quelli in osso. Nella zona c'e' anche un museo della II guerra mondiale che illustra l'avanzata dei giapponesi e la resistenza da parte di locali, inglesi e delle truppe nepalesi. A principio la capacita' dei giapponesi di muoversi nella jungla dava grossissimi grattacapi agli inglesi, che invece avevano pesanti equipaggiamenti. La svolta e' stata un equipaggiamento leggerissimo e paracadutare il resto nella jungla in posizioni appositamente preparate. Torno alla stazione e un signore mi offre un passaggio per Dimapur. Da Dimapur le strade per raggiungere le altre citta' del negeland dovrebbero essere migliori. Inzialmente accetto, ma poi mi rendo conto che non e' nella mia direzione e scendo. Raggiungo il la fermata dei sumo per wokha. Noto un ristorante lotha. I lotha sono la tribu' che piu' abita la zona di wokha. La cuoca e' una ragazza molto molto carina. Immagino che fosse anche di buon gusto perche' quando parlava con me si imbarazzava. Me lo ha anche detto "you confuse me" e ad un certo punto va proprio via. Mi da del riso, del maiale fritto, delle verdure bollite e una zuppetta. Mangio e sono pronto a partire. Nela baracchetta che fa da ufficio i bigliettai mi chiedono dell'Italia. Sono due ragazzi giovani, che parlano un po' di inglese. La jeep parte quasi vuota e abbiamo anche i bagagli nell'abitacolo. Mi hanno detto che la strada e' tremenda, ma per un bel pezzo e' asfaltata e abbastanza liscia. I versanti delle montagne sono ripidi e coperti di foresta. Gli occhiali mi permettono di vedere piccoli gruppi di case sui versanti e diversi tipi di vegetazione (almeno finche' resta luce). Il pilota si ferma a mangiare e subito dopo la strada peggiora molto. Non e' piu' asfaltata e anche la jeep deve fare zig zag tra le buche. Arriviamo a wokha che e' buio pesto, e' in corso un black out e nelle strade non c'e' illuminazione pubblica. Tutte le strade paiono sterrate. Giriamo 4 hotel, di cui uno decisamente tremendo, con i gestori che mangiano a lume di candela. Il tassista, Tim, ex pittore professionista mi aiuta a trovare da dormire e si assicura che io abbia tutto con me, cibo e acqua. Dopo vari giri finisco nella guesthouse statale. Sono strutture gestite dall'ente nazionale del turismo, ci sono stato anche altre volte. La camera non e' il massimo, ma e' pulita e, ovviamente, senza corrente. Da una delle finestre esce una corda che tiene fermo un grosso cavo della corrente esterno all'edificio. C'e' anche una terrazza , ma e' chiusa da un palo fermato da una grossa pietra. Esco a dare una occhiata, la citta' e' buia e punteggiata da luci di candela o luce elettrica nelle case con generatori. Nella reception dell'hotel c'e' corrente. Sento gli impiegati che ridono e rumoreggiano nella sala destinata a loro esclusivo uso. Riesco comunque a recuperare dell'acqua, faccio un veloce giro fumando una sigaretta e torno in camera. Nel frattempo e' tornata la luce. Le parti basse mi danno pruriti. Mi lavo e vado a dormire.

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