lunedì, aprile 18

4 aprile day to day GH pathein

Sveglia alle 5.20. L'autobus parte alle 6 dalla stazione fuori città. Ad aspettare, prima che faccia luce troviamo una decina scarsa di persone. Alcune di loro "siedono" sulle caviglie. Una posizione in cui si vede spesso gente attendere da queste parti. Pianta del piede completamente poggiata a terra e ginocchia piegate. Prendiamo l'autobus e dopo aver attraversato il delta del fiume si arriva a yangoon. Dalla stazione a ovest della città, invece di aspettare il 39, chiediamo ad un'altro autobus se va in citta'. Ci dice di sì e lo prendiamo. Fa un giro lunghissimo e ,ad un certo punto, ci fa pure scendere e prendere un'altro mezzo!! Oltretutto questo fa delle strade ingorgate di traffico. Volevo mangiarmelo! Tutto sommato ci permette di fare un giro nei sobborghi di yangoon (che non stupiscono, palazzi non troppo alti, ma nulla di memorabile). La guida dell'autista del secondo mezzo, invece, colpisce. Manca poco che passi pure dalle aiuole. Tatuato in varie parti, mastica betel con espressione imbronciata e manco usa troppo il clackson, sa che il piu' grosso passa per primo e sa anche che lui e' alla guida del mezzo piu' grosso. Arriviamo in centro, giusto dietro la ambasciata. Ho notato dei baracchini che vendono cibo in zona. Mangio del riso con verdure e faccio pure il bis, era molto buono. Dato che il caldo e' insopportabile andiamo in ambasciata ad aspettare, confortati dall'aria condizionata. Ci chiedono di mettere i telefoni nelle borse, ma all'interno ci sono persone che lo usano con naturalezza. Un primo assaggio dei "divieti" indiani, ad ogni modo L'aria condizionata fa il suo lavoro e ci ritempriamo un pò. In ambasciata c'è anche quel ragazzo(secondo me nordafricano) che si era visto rifiutare il visto sul passaporto thailandese (illibato il passaporto) quando portai il mio in ambasciata. Il visto e' pronto!! Faccio le foto, lascio le impronte digitali e mi ridanno il mio passaporto. Sulla strada verso l'ostello compriamo del riso take away e della birra. Arrivati in ostello facciamo check in. Sono talmente assetato che lascio letteralmente tutto il denaro che ho con me sul tavolo della reception e mi attacco alla bottiglia fresca. In ostello hanno disponibili solo camere doppie. La prendiamo, ma la camera e' piccolissima; senza finestre, non dico che mi aspetto il tavolo,ma almeno il cestino... 2 letti incolonnati con aria condizionata. Faccio il trattamento alla permetrina al lenzuolo dove dormo e tutta la guesthouse per 2 ore sa di piretro. Metterò a stendere il lenzuolo in una camera vuota vicina alla mia per evitare che l'odore diventi ancora più forte. Usciamo e andiamo a vedere il pezzo forte di mandalay: la shewdagon paya, una pagoda molto grande situata in un complesso di edifici religiosi. La si vede da varie parti della città. Si presenta come un grande imbuto dorato rovesciato. Per arrivarci da sud si passa un grazioso parco affollato di coppiette. Tutti gli accessi alla pagoda sono coperti da portici sormontati da belle cupole birmane. Le "volte" sono parallele al suolo e sormontate da guglie molto decorate. I colori più utilizzati sono il verde e l'oro. All'interno ci sono vari dipinti e sono affollati di venditori. I controlli per entrare sono abbastanza rigidi. E' un po' tardi per entrare e decidiamo di affacciarci alle entrate , ma di non fare il biglietto. All'interno si vedono vari edifici di culto, campane ed edicole votive. Usciamo dal lato est (quello opposto all'ostello) e poi ci dirigiamo verso l'hotel. La zona immediatamente alla base del complesso è affollato di venditori. Proviamo anche il betel, (nella foglia, oltre a betel c'e' un po' di calce e dei semi di lime) aspiravamo alla foto coi denti rossi, ma il sapore e' talmente disgustoso che lo sputiamo subito. La camminata (circa 4 km e per nulla panoramici) si rivela molto stancante. Mangiamo in strada del riso e arrivati in hotel andiamo a dormire.

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